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Spelt, an ancient story

Spelt, an ancient story

Spelt, an ancient story

II farro è il cereale più antico fra tutti quelli pervenuti fino ai giorni nostri. Reperti archeologici ne danno l’origine in Mesopotamia e in Siria, Egitto e Palestina. Da un’analisi storico-geografica è risultato che il farro veniva coltivato già nel Neolitico verso l’8000 avanti Cristo; successivamente, tra il sesto e il quinto millennio a.C. gli Egiziani coltivavano frumenti spontanei che man mano poi ingentilivano. 

Le Tavole Iguvine che chiedono ai Claverni di dare ai confratelli Atiedii, in rapporto alla circoscrizione, 6 libbre di farro e una cena ai due uomini incaricati di riscuotere il farro, testimoniano non solo la presenza di questo cereale in Umbria nella seconda metà del II secolo a.C., ma anche il suo uso rituale per il pagamento di tributi. Un uso confermato anche dall'iscrizione romana dell'orologio solare di Bevagna che si deve a un Nortinus e un Ofedius (o Aufidius), qualificati come "questores far(r)arii", questori del farro, addetti alla riscossione dei tributi in natura.

Al bronzo delle Tavole di Gubbio ed alla pietra della meridiana di Bevagna è affidata la più antica memoria scritta del farro in Umbria, un alimento di fondamentale importanza da cui derivano direttamente termini come "farina" (far(r)ina) e "foraggio" (farrago) o espressioni come "sfarrare", che indica l'operazione di frantumazione dei chicchi di grano, o "farragine/farraginoso" per coacervo disordinato di componenti.

Diffusamente presente nel territorio come coltivazione dominante soprattutto in epoca romana e saldamente presente nella nostra lingua come matrice di termini di largo uso, il farro è progressivamente andato in disuso anche per la sua caratteristica di frumento "vestito", che rende molto laboriosa l'operazione di liberare il seme dalla pula.

Alla comparsa del grano, nel medioevo, il farro iniziò a perdere la sua popolarità anche perché difficile da coltivare in quanto cade molto facilmente sul terreno durante la fase finale della crescita rendendo complicata la raccolta.

Inoltre, a confronto di altre colture, il rendimento della produzione per ettaro non è molto proficuo.

Un altro dei motivi per cui la coltivazione fu abbandonata nei secoli passati è che la sua farina ed i prodotti che ne derivano, posseggono un alto contenuto di fibre: ragione fondamentale per cui oggi, proprio per queste caratteristiche, è stato rivalutato ed inserito saggiamente nelle diete alimentari.

Si può dire che se il farro è ancora sulle nostre tavole lo si deve a tutti quegli agricoltori che nonostante la comparsa nel tempo di altri cereali, in alcune zone d’Italia, soprattutto in aree di montagna con terreni freddi e calcarei, hanno continuato a coltivarlo.

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